SAKPATA

Il Dio della Terra

In un contesto ideato da Guido Dettoni per creare la rappresentazione visiva di SAKPATA, il Dio della Terra nel Dahomey, attuale Repubblica del Benin, Africa Occidentale, egli riunì alcuni bambini per un primo saggio e per testare l’uso della cera naturale locale.

La performance ebbe inizio in una spiaggia di Cotonou con quattro bambini, un cantastorie e un percussionista. Dopo un ballo preparatorio, i bambini, con gli occhi bendati e senza voler rappresentare qualcosa, modellano la cera che prende forma nelle loro mani ascoltando il canto di SAKPATA accompagnato dal tam-tam.

La storia finisce. I movimenti delle mani si arrestano. La cera ha raggiunto la sua forma finale come testimone inconscio di contenuti e emozioni.

Le forme, sommerse nell’acqua per indurire raffreddandosi sono il risultato dell’esperienza insieme alla loro memoria.

Al ritorno in Europa, Guido Dettoni fotografò le forme, ognuna da una prospettiva diversa. Le importò nel software che aveva progettato. Ebbe così inizio la TRASMUTAZIONE.

Modificando le loro dimensioni relative, compose un’immagine che si specchia su se stessa. L’intero corpo di SAKPATA è quindi formato dall’unione delle due parti simmetriche, che poste al suo fianco diventano anche i suoi guardiani.

Questa rappresentazione visiva di SAKPATA è il risultato della trasmutazione delle immagini di varie forme tattili modellate nella cera.

L’enigma: nel 1992, Guido Dettoni crea la scultura MATER TERRA.

Le mani penetrano nella materia, la contengono e si uniscono l’una all’altra. La Madre Terra nasce nelle mani come un’unità la cui immagine speculare è solo un riflesso di se stessa, mentre ogni mano contiene la metà simmetrica.

Per un atto di Kismet, si è scoperto che la MADRE TERRA tra le mani coincide con la testa di SAKPATA.

Quale altra testa poteva avere il Dio della Terra, questo figlio di Mawu-Lisa, se non la Madre Terra stessa?

SAKPATA

Le son du vent t’accueille,

la voix du vide.

Sakpata,

le nom du dieu,

la terre qui germe,

paysage minéral,

son immense battement

que tu écoutes

et tu reproduis

dans la peau

Jusqu’en devenir l’interprète.

Entre les mains resurgit

l’ancienne forme cachée dans l’esprit,

abritée par l’aire,

et maintenant, régénérée par le toucher

devient matière.

S’étalent les silences

sur la mer de la lumière.

Du fond des yeux

se modèle le corps du dieu.

Son souffle s’éloigne,

il retourne vers l’infini.

Je confis aux mains

morceaux de temps,

restes de rêve,

Sakpata.

Poésie de
Carles Duarte i Montserrat
Avril de 1999