PORGERE L'ALTRA GUANCIA

La scultura di Dettoni “Porgere l’altra guancia”. Testo di presentazione della scultura di Miriam Diez Bosch pubblicato nel libro: L’ULL DE LA VIOLENCIA – L’occhio della violenza –. ISBN:978.84-9136-088-9 – diversi autori insieme alle immagini della scultura.

La Pace reversibile

Riflessione sull’opera “Porgere l’altra guancia” di Guido Dettoni.

Míriam Díez Bosch PhD
Vice decana di Ricerca, Postgrado e Relazioni Internazionali
Direttrice dell’Osservatorio Blanquerna di Comunicazione, Religione e Cultura – Barcellona

Porgere l’altra guancia può diventare un gesto insolente: dove tradizionalmente abbiamo visto la grandezza del cristianesimo, in un mondo privo di riferimenti, può diventare una provocazione. Mi hai ferito, ti sfido a fare più guerra. Aristotele distingueva tra movimenti naturali e violenti. Ci sono azioni naturali, come un pezzo di tetto che cade. Cade. Non è stato forzato. Cade, ma quando lancio intenzionalmente un sasso, un missile, una parola avvelenata, ecco che compio un esplicito atto di violenza.

Guido Dettoni è un pacifista della materia. Già con la sua celebre e rivoluzionaria “Maria“, una scultura della Vergine Maria fatta per essere “toccata”, ruppe il silenzio e si avventurò in un’insolita tangibilità mariana. Ora, con la scultura “Porgere l’altra guancia“, traccia quel filo pacifico ma dinamico che caratterizza il suo lavoro. La pace non è uno stato di incoscienza, ma il risultato di una tensione, di una rinuncia, di un contenimento. In una scultura, senza contenimento, continueremmo ad avere pezzi di materia amorfa. È nella sensibilità e nella limitazione che si realizza il pezzo.

Il volto che Dettoni ci offre non è completo, perché la violenza lascia sempre la parzialità. Se spostiamo questa faccia, c’è un angolo da cui ci accenna a un sorriso. Smascherare la violenza, spesso celata sotto parametri di autodifesa, è più facile con un sorriso. Questa scultura non è violenta. Ciò nonostante, ci getta nello spazio in cui la violenza è possibile. Può sempre esserci un gesto violento che spazza via una situazione irenica. Da un momento all’altro, la violenza, che è figlia della natura e scava la sua tana nelle viscere del più umano, s’infiltra.

Porgere l’altra guancia per Guido Dettoni è seguire l’esortazione di Gesù che chiede di accogliere l’aggressore per rinunciare alla vendetta e ad ogni violenza. Nel Vangelo leggiamo che se qualcuno ti colpisce sulla guancia destra, porgi anche l’altra (Matteo 5:39). L’artista, con questa scultura, ha voluto dire visivamente e tattilmente, come interpreta questa frase del Vangelo. Ha modellato un oggetto a grandezza delle mani che rappresenta un volto in cui la metà sinistra perde il rilievo anatomico del volto per accogliere il palmo della mano che ne colpisce la guancia e, inevitabilmente, la prende facendola suo. È un movimento che afferra senza lasciare andare, che si completa mentre si svuota.

La richiesta di Gesù non è cosa facile. Chiede di porgere l’altra guancia. Dettoni vede, nell’atto di colpire una seconda volta, la consapevolezza della prima violenza esercitata.

Il volto, condensazione di tutta la persona, è accolto ed è la mano che, colpendolo, lo prende. Guido Dettoni ritiene che l’esortazione di Gesù indichi un cammino di pace basato sulla comprensione del nostro gesto che può portare all’empatia: “Fallo di nuovo, colpiscimi ancora, così capirai quello che hai fatto!”. Al male non si risponde con il male ma con un atto rivoluzionario come amare il nemico. Risposta che colpisce in pieno e destabilizza le leggi del taglione e della vendetta. Cristianesimo in stato puro. La materialità di questa guancia ferma, presentata da Dettoni è un invito a sopportare il polso della pace, una pace che non arriva fermando il colpo, ma creando le condizioni per la possibilità di un altro colpo.

Ed è forse qui, in questo disarmarsi, che l’aggressore può intravedere che il suo atto violento è inutile.

Offrire la guancia è offrire il volto, e offrendo il volto si offre l’anima. Accarezzare la guancia è avvicinarsi allo sguardo interiore che tutto percepisce. La guancia è l’incarnazione di questa volontà di fare la pace a dispetto della violenza. La scultura parla e distilla una tenue musicalità con vibrazioni, pizzichi. Non è una scultura che urla, né è una scultura silenziosa. La violenza è assordante. La pace che emerge da questa immagine, invece, arriva in sordina.